Il mito del “Compagno Lovecraft”
Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco da STORIA IN RETE n° 21-22 – luglio-agosto 2007
La consacrazione definitiva di un autore si ha quando il suo nome diventa un aggettivo. Parlando di una risata «omerica», una bolgia «dantesca», un personaggio «pirandelliano», una situazione «kafkiana», sappiamo bene ciò che intendiamo. Oggi, quando usiamo il termine «lovecraftiano», vogliamo dire: «Terrificante, mostruoso, fuori del mondo. L’orrore lovecraftiano è quella particolare categoria letteraria che pone l’enfasi sul terrore psicologico dell’ignoto o, in certi casi, dell’inconoscibile». La frase fra virgolette è tratta dalla lunga definizione del lemma Lovecraftian incluso in quello che è il dizionario più consultato al mondo, ovvero il «Wiktionary» affiancato all’enciclopedia «aperta» «Wikipedia», la summa del sapere raccolto su Internet, che accoglie le sue voci sulla base dell’effettivo uso e diffusione, realizzata e aggiornata (non senza contrasti) dai suoi stessi «utenti». Se c’era bisogno di una testimonianza sull’effettivo influsso dell’inventore di Cthulhu e del «Necronomicon» sulla cultura popolare contemporanea, non poteva essercene una più eclatante. La consacrazione definitiva di un autore si ha quando il suo nome diventa un aggettivo. Parlando di una risata «omerica», una bolgia «dantesca», un personaggio «pirandelliano», una situazione «kafkiana», sappiamo bene ciò che intendiamo. Oggi, quando usiamo il termine «lovecraftiano», vogliamo dire: «Terrificante, mostruoso, fuori del mondo. L’orrore lovecraftiano è quella particolare categoria letteraria che pone l’enfasi sul terrore psicologico dell’ignoto o, in certi casi, dell’inconoscibile». La frase fra virgolette è tratta dalla lunga definizione del lemma Lovecraftian incluso in quello che è il dizionario più consultato al mondo, ovvero il «Wiktionary» affiancato all’enciclopedia «aperta» «Wikipedia», la summa del sapere raccolto su Internet, che accoglie le sue voci sulla base dell’effettivo uso e diffusione, realizzata e aggiornata (non senza contrasti) dai suoi stessi «utenti». Se c’era bisogno di una testimonianza sull’effettivo influsso dell’inventore di Cthulhu e del «Necronomicon» sulla cultura popolare contemporanea, non poteva essercene una più eclatante.
Di fatto, anche se voi non lo sapete, Lovecraft ha cambiato la vostra vita. La vita di tutti, in realtà, perché attraverso le sue opere, che hanno rinnovato completamente la narrativa del fantastico e dell’orrore, ha inciso in modo profondo sull’estetica, sul gusto, sui simboli, sul modo di pensare, sul modo di porgersi della civiltà occidentale contemporanea. Nei suoi straordinari racconti, nei suoi saggi, nelle sue lettere ricche di umanità e di vero e proprio genio ha piantato i semi di una rivoluzione copernicana della cultura: soltanto oggi si comincia a capire la portata del suo influsso sulle generazioni gli sono succedute. Una circostanza che taluni trovano difficile da accettare, altri ignorano: ma che non è per questo meno vera. L’ingresso del fantastico a tutti i livelli della cultura popolare – dalla narrativa al cinema, dai videogiochi alla pubblicità, dai fumetti alla televisione – è avvenuto attraverso i moduli stilistici e contenutistici individuati da Lovecraft e da lui delineati nella prima metà del secolo scorso, accettati e inseriti nelle loro opere da tutti coloro che ne sono stati influenzati o a lui si sono ispirati e che, di conseguenza, li hanno diffusi largamente. Non solo, ma in una società come quella fra le due guerre mondiali, orgogliosa delle sue certezze e dei suoi progressi tecnologici, Lovecraft è stato tra i primi a individuare i sintomi di quello che venne definito da Alvin Toeffler lo «shock del futuro», e ad anticipare la crisi delle ideologie, il rovesciamento dei valori, le incertezze derivanti da una scienza senza coscienza e dalla non-neutralità delle macchine: ovvero le inquietudini che oggi turbano le personalità più sensibili. Queste istanze di disagio sociale, le espresse attraverso una serie di simboli spaventosi che sono i medesimi che s’annidano nell’inconscio di ciascuno di noi, pronti a irrompere nella nostra consapevolezza quando le certezze, come negli anni Trenta e ancor di più oggi, vacillano. Quale sfondo e sorgente di tutto questo, Lovecraft ha delineato i contorni di un cosmo immenso e inconoscibile, che non potremo mai afferrare con la ragione e i suoi prodotti (scienza e tecnica), e dai cui abissi emerge «un raspare d’ali di tenebra» che viene a turbare la nostra serenità fondata sull’ignoranza o sulla presunzione. La sua concezione dell’uomo nei rispetti della Natura – potremmo dire – ha come radici Lucrezio e Leopardi. Una visione apocalittica, densa d’orrore: ma non priva di speranze.Di fatto, anche se voi non lo sapete, Lovecraft ha cambiato la vostra vita. La vita di tutti, in realtà, perché attraverso le sue opere, che hanno rinnovato completamente la narrativa del fantastico e dell’orrore, ha inciso in modo profondo sull’estetica, sul gusto, sui simboli, sul modo di pensare, sul modo di porgersi della civiltà occidentale contemporanea. Nei suoi straordinari racconti, nei suoi saggi, nelle sue lettere ricche di umanità e di vero e proprio genio ha piantato i semi di una rivoluzione copernicana della cultura: soltanto oggi si comincia a capire la portata del suo influsso sulle generazioni gli sono succedute. Una circostanza che taluni trovano difficile da accettare, altri ignorano: ma che non è per questo meno vera. L’ingresso del fantastico a tutti i livelli della cultura popolare – dalla narrativa al cinema, dai videogiochi alla pubblicità, dai fumetti alla televisione – è avvenuto attraverso i moduli stilistici e contenutistici individuati da Lovecraft e da lui delineati nella prima metà del secolo scorso, accettati e inseriti nelle loro opere da tutti coloro che ne sono stati influenzati o a lui si sono ispirati e che, di conseguenza, li hanno diffusi largamente. Non solo, ma in una società come quella fra le due guerre mondiali, orgogliosa delle sue certezze e dei suoi progressi tecnologici, Lovecraft è stato tra i primi a individuare i sintomi di quello che venne definito da Alvin Toeffler lo «shock del futuro», e ad anticipare la crisi delle ideologie, il rovesciamento dei valori, le incertezze derivanti da una scienza senza coscienza e dalla non-neutralità delle macchine: ovvero le inquietudini che oggi turbano le personalità più sensibili. Queste istanze di disagio sociale, le espresse attraverso una serie di simboli spaventosi che sono i medesimi che s’annidano nell’inconscio di ciascuno di noi, pronti a irrompere nella nostra consapevolezza quando le certezze, come negli anni Trenta e ancor di più oggi, vacillano. Quale sfondo e sorgente di tutto questo, Lovecraft ha delineato i contorni di un cosmo immenso e inconoscibile, che non potremo mai afferrare con la ragione e i suoi prodotti (scienza e tecnica), e dai cui abissi emerge «un raspare d’ali di tenebra» che viene a turbare la nostra serenità fondata sull’ignoranza o sulla presunzione.
La sua concezione dell’uomo nei rispetti della Natura – potremmo dire – ha come radici Lucrezio e Leopardi. Una visione apocalittica, densa d’orrore: ma non priva di speranze.Ma in definitiva chi è, chi è stato Howard Phillips Lovecraft? Anche oggi, col suo nome ormai noto in tutto il mondo, e con le sue opere incluse in prestigiose collane letterarie, si conosce molto poco di lui, come uomo e soprattutto come pensatore. O meglio, il grosso pubblico e certa critica ne conoscono soltanto ciò che emerge da una spessa stratificazione di luoghi comuni, pregiudizi, leggende metropolitane tramandati in buona o cattiva fede da oltre mezzo secolo e continuamente citati e accettati come dati di fatto: mentre non sono altro che trite ripetizioni di falsità acclarate. Vent’anni dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1937, la notorietà di Lovecraft era ancora limitata agli appassionati di narrativa fantastica e orrorifica che leggevano quasi soltanto le riviste popolari americane (i cosiddetti pulp magazines) sulle quali si continuavano a ristampare i suoi racconti. Poi, grazie agli amici e corrispondenti Donald Wandrei e August Derleth, che avevano fondato nel 1939 una casa editrice (la Arkham House, tuttora attiva) appositamente per raccoglierne in volume le opere, il suo nome cominciò a circolare anche al di fuori di una ristretta cerchia di «adepti». La sua fama si allargò gradatamente, giungendo nell’Europa continentale. […] Il modo del tutto nuovo di concepire quell’ancestrale sentimento che è la paura, che Lovecraft teorizzò, ha influenzato almeno tre generazioni di scrittori, registi, sceneggiatori di film per il grande schermo e per la televisione, autori di fumetti, creatori di giochi. I suoi esseri d’incubo, le divinità spaventose, i personaggi, i luoghi fantastici sono filtrati all’interno di una serie infinita di romanzi, racconti, storie filmate e disegnate, per non parlare dei giochi di ruolo e dei videogames.
Lui stesso – visto come una figura simbolica e personaggio di per sé eccezionale – è diventato protagonista di narrazioni diffuse attraverso ciascuno di questi mezzi espressivi. Quanti scrittori possono vantarsi d’altrettanto? […] All’epoca in cui Lovecraft scrisse il suo documento, idee del genere non erano accettate dalla cultura politica americana: anzi, sarebbero state giudicate pericolosamente rivoluzionarie e, appunto, «di sinistra», come dice lui stesso, mentre in Europa se ne tentava l’applicazione. Negli Stati Uniti, i sussidi di disoccupazione e vecchiaia spuntarono soltanto alla fine degli anni Trenta, gli orari di lavoro venivano stabiliti dalle necessità delle catene di montaggio, i primi controlli governativi su prezzi e tariffe furono introdotti proprio da Roosevelt, e parlare di operai-azionisti (come ipotizzava Lovecraft) faceva ridere: nessuno sapeva che cosa fosse la «socializzazione». Altrove, per veder spuntare concetti simili, ci si doveva rivolgere alla politica sociale che il fascismo andava attuando, e che proprio per questo attrasse tanto Lovecraft e – quando gli parve che avesse tradito tali ideali (a partire dalla guerra di Spagna del 1936) – fu per lui motivo di cocente delusione. Quanto al comunismo, lungi dall’essersene convertito, in un lettera dell’8 luglio 1936 alla sua corrispondente J. K. Plaisier, Lovecraft ne dà un giudizio che non lascia spazio a repliche: «Ho rifiutato assolutamente i dogmatismi specifici del marxismo puro, che sono indiscutibilmente fondati su ben precise stupidaggini [fallacies] scientifiche e filosofiche». Condannando poi, in una lettera a Catherine Moore di qualche mese dopo, quei giovani «che si lasciano circuire dai dogmi pseudo-scientifici e dal violento spirito rivoluzionario del marxismo ortodosso».
Fonte – STORIA IN RETE n° 21-22 – luglio-agosto 2007, Gianfranco de Turris & Sebastiano Fusco
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