Alghe dallo spazio? Gli scienziati non ci credono

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Sono state raccolte da un pallone stratosferico a 25 km di altitudine. Ma ci sono spiegazioni più semplici. E «terrestri»

Che cosa ci fa un microscopico guscio di diatomea sospeso nella stratosfera a 25 km di altezza? E soprattutto: com’è arrivato fin lassù? A questa domanda ciascuno di noi risponderebbe, guidato più dal buonsenso che dalla competenza, chiamando in causa vortici atmosferici, eruzioni vulcaniche o trasporti di velivoli d’alta quota. Ma cinque ricercatori di rispettabilissime università del Regno Unito, dopo avere scartato tutte le possibili cause terrestri, concludono, tenetevi forte, che la diatomea da loro trovata è aliena, che viene dallo spazio, dopo aver viaggiato chissà per quanto tempo nel cuore di una cometa.

PRESUNTE SCOPERTE – L’ultimo annuncio di una lunga serie di presunte scoperte di microorganismi extraterrestri è stato appena pubblicato su Journal of Cosmology, una rivista scientifica nota fra gli esperti per la sua tendenza ad accogliere i contributi dei sostenitori della moderna panspermìa, la teoria secondo cui la vita non è comparsa spontaneamente sulla Terra ma ci è arrivata, e continuerebbe ad arrivarci dallo spazio. Fra i maggiori sostenitori di questa teoria c’è stato il famoso astronomo Fred Hoyle, morto nel 2001, che descriveva le comete come inseminatori universali di vita elementare. Non a caso l’articolo che ora annuncia la scoperta della diatomea cosmica è firmato, fra gli altri, da Chandra Wickramasinghe, già allievo prediletto e poi collaboratore di Hoyle.

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Parte di una diatomea, probabilmente della specie Nitzschia, recuperata a 25 km di altezza (Wainwright)

CONCLUSIONI AFFRETTATE – A leggere l’articolo si direbbe che le premesse della ricerca sono ineccepibili; piuttosto sembrano affrettate le conclusioni. I cinque hanno allestito un apparato strumentale dotato di campionatori automatici e sospeso a un pallone stratosferico. A quote prestabilite ciascun campionatore si apriva e captava un po’ di aria rarefatta con il relativo pulviscolo, da esaminare poi in laboratorio. Il pallone è stato lanciato da Ellesmere Port (pochi chilometri a sud di Liverpool) il 31 luglio scorso. Tutto ha funzionato alla perfezione: dopo aver completato i prelievi, raggiunta la quota di circa 27 km, la navicella è stata sganciata ed è scesa con un paracadute a Wakefield, nello Yorkshire, un centinaio di chilometri più a est. Gli autori assicurano che pallone e navicella erano stati accuratamente puliti prima del lancio e che i meccanismi di campionamento, rigorosamente sterilizzati, erano stati concepiti per far si che i filtri inglobassero solo le particelle prelevate alle alte quote desiderate, senza rischi di intrusioni dei contaminanti presenti alle più basse quote.


Scansione al microscopio elettronico di una presunta diatomea di origine aliena (Epa)

Scansione al microscopio elettronico di una presunta diatomea di origine aliena (Epa)

PRELIEVI – Questo tipo di prelievi ha la finalità di studiare, con l’aiuto di microscopi elettronici a scansione, la composizione del pulviscolo atmosferico ad alta quota e i vari tipi batteri eventualmente presenti, i cosiddetti estremofili, che riescono a sopravvivere a temperature di decine di gradi sottozero, sotto un intenso bombardamento di radiazioni ultraviolette. La maggior parte degli scienziati ritiene che questi batteri, piccoli appena un millesimo di millimetro e leggeri, tanto da poter restare sospesi per lunghi periodi nella rarefatta stratosfera, siano sollevati dalle basse quote fino a decine di chilometri d’altezza da forti correnti ascensionali e da altri meccanismi di trasporto atmosferico.


INSOLITO – Subito, al primo sommario esame dei reperti, è stato trovato qualcosa di insolito: nel filtro esposto a poco meno di 25 km d’altezza era rimasto impigliato quello che inequivocabilmente è apparso un frammento di frustulo di diatomea, cioè un pezzo del guscio di uno di questi organismi unicellulari che popolano in abbondanza le acque sia salate sia dolci. Per quanto più grandi dei batteri, da dieci a cento volte, le diatomee sono dotate di un elegante involucro siliceo che le rende troppo pesanti per un facile trasporto alle altissime quote. «Mai prima d’ora era stato catturato nella stratosfera un frammento di diatomea, per proiettare il quale fino a 25 km si dovrebbe pensare a un fenomeno importante come alla colonna ascendente di una grande eruzione vulcanica. Bisogna poi considerare che il frammento, una volta arrivato lassù, sarebbe riportato a terra dalla forza di gravità nel giro di poche ore>, ha dichiarato Milton Wainwright, il primo firmatario dell’articolo.

Scansione al microscopio elettronico di una presunta diatomea di origine aliena (Epa)

Scansione al microscopio elettronico di una presunta diatomea di origine aliena (Epa)

ERUZIONE – Poiché l’ultima grande eruzione europea capace di lanciare in stratosfera particolato relativamente pesante è stata quella del vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010, e poiché i tempi di residenza in stratosfera del frammento di diatomea trovato sono stati calcolati in appena 6 ore, gli autori concludono che la diatomea non può che venire dallo spazio, a meno che non si scopra un nuovo meccanismo di trasporto atmosferico per oggetti relativamente più pesanti, attualmente impensabile. In linea con le teorie sulla panspermia di Hoyle, inoltre, i cinque ricercatori britannici ipotizzano addirittura che la loro diatomea albergasse nella cometa progenitrice dello sciame estivo delle Perseidi, dato che il volo del pallone è avvenuto proprio a ridosso di questa pioggia di meteore.

SCETTICISMO – La comunità scientifica, dopo ripetuti falsi annunci e cocenti delusioni (fra le più clamorose, la scoperta di batteri fossili nel meteorite marziano di Allan Hills nel 1996, annunciata addirittura dal presidente Bill Clinton, e poi rivelatasi un abbaglio dovuto ad artefatti mineralogici) ha reagito piuttosto negativamente all’articolo dei colleghi britannici, criticando la loro imprudenza e facendo notare che, molto probabilmente, la diatomea è finita nel campionatore al livello del suolo, oppure perché stava da qualche parte appiccicata nel pallone ed è scivolata giù durante il volo. Chris McKay, un astrobiologo della Nasa, ha preferito commentare con una citazione del grande scienziato e divulgatore Carl Sagan: «Un grande annuncio presuppone una grande evidenza», ha detto. «Loro hanno trovato qualcosa di curioso, ma per ora niente di più».

PRECEDENTI – Scorrendo le recenti pubblicazioni di Wikramasinghe, si trova che le diatomee potrebbero essere l’ossessione aliena di questo scienziato, attualmente docente e direttore del Centre for Astrobiology alla University of Buckingham, in Gran Bretagna. Proprio a gennaio del 2013, sempre su Journal of Cosmology, il professore ha pubblicato un articolo su un presunto meteorite caduto in Sri Lanka nel 2012 all’interno del quale egli ha trovato, indovinate che cosa? Diatomee fossili. Peccato che il meteorite in oggetto non abbia ricevuto la certificazione di essere tale da altri esperti che lo hanno classificato come una folgorite, una roccia terrestre colpita da un fulmine.


Fonte – Il Corriere della Sera, 23 settembre 2013

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